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A Painting Cycle | Conversazione con Jessica Warboys

Jessica Warboys, Sea Painting, Stromboli (detail), 2011. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori Jessica Warboys, Sea Painting, Stromboli (detail), 2011. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori Jessica Warboys, Sea Painting, Stromboli (detail), 2011. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori Jessica Warboys, Sea Painting, Stromboli (detail), 2011. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori Jessica Warboys, Sea Painting, Stromboli (detail), 2011. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori Jessica Warboys, Sea Painting, Stromboli (detail), 2011. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori Jessica Warboys, Motion Motif, 2012. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori Jessica Warboys, Motion Motif (detail), 2012. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori Jessica Warboys, Motion Motif (detail), 2012. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori Jessica Warboys, Sea Painting, Stromboli, 2011. Installation view, Nomas Foundation, Rome. Ph. Giuliano Pastori

8 marzo 2012

Jessica Warboys fa uso di media disparati nella sua ricerca, confrontandosi con il video, la pittura e la performance. Il suo lavoro oscilla tra processo e azione, modello e ripetizione, controllo e possibilità, occupando così differenti stati e sistemi. Il paesaggio diventa l’interlocutore privilegiato con il quale Jessica Warboys si confronta e interagisce. Compagno e palcoscenico, lo spazio offerto dalla natura è il soggetto che l’artista plasma, attraverso cui crea, da cui si lascia stupire e che trasforma in scena per performance e set per film.
Nei suoi ‘Sea paintings’ Jessica Warboys immerge larghe tele non stese nel mare, prima e dopo aver applicato il pigmento direttamente sulla loro superficie. L’azione, strettamente collegata alla performance, traccia i movimenti delle variabili mutevoli e incontrollabili dell’ambiente, rivelando e nascondendo al contempo il gesto del fare e il flusso della natura. L’approccio dell’artista alla pittura include al contempo, elementi legati alla casualità, all’azione e al controllo, restituendo uno spazio visibile nel quale identificare il passare del tempo e la presenza del gesto. Rivelando una tensione simultanea tra circolarità, ripetizione e compulsione, il lavoro dell’artista narra la costante ambiguità di uno stato, la precarietà della vita stessa.

Nomas Foundation: Se dovessi descrivere il tuo lavoro attraverso delle parole chiave, quali utilizzeresti?
Jessica Warboys: Performance, trasformare/adattare, tessere, stampare, natura, struttura, narrazione, sovrapporre e casualità.

NF: Quando hai iniziato a interessarti di pittura e come è diventato parte del tuo vocabolario?
JW: Nel 2004 ho dipinto un grande muro utilizzando il rilievo, le campiture di colore e la pittura spray per una mostra di scultura e video. Ho continuato con il video, poi nel 2009, ho realizzato il mio primo Sea Painting. Nello stesso momento ho lavorato a una grande ciano e a una tela marmorizzata , mentre le sculture/pitture, le tele lacerate e tessute dentro cornici, sono arrivate un po’ dopo.

NF: Quanto è importante nella tua pratica l’idea di serie, ripetizione e narrazione?
JW: Non è tanto importante l’idea di serie quanto la narrazione-ripetizione che avviene nell’atto di creazione di un Sea Painting, sebbene le variabili come il tempo, la misura, il luogo, i colori cambino ogni volta. Le motivazioni e le costrizioni dei lavori sono infatti in costante mutamento e nonostante il processo possa essere ripetuto, gli elementi che compongono il lavoro sono in movimento e sempre imprevedibili; esistono così molteplici variabili e conseguenti sorprese. Non vorrei vedere accadere sempre le stesse cose. Immagino che come in un film, ogni fotogramma sia differente.

NF: Come hai sottolineato, i tuoi Sea Paintings sono frutto di variabili impossibili da controllare, come quelle del mare e del vento. Puoi dirci qualcosa sul processo del fare, dell’azione racchiusa in questo lavoro?
JW: Cerco di mantenere una sorta di velocità e spontaneità nel fare, per riflettere qualcosa di immediato e diretto proveniente da parte di me stessa e dall’ambiente circostante.

NF: Consideri la tua pratica pittorica come atto performativo?
JW: L’aspetto della performance inerente ai sea paintings, è il processo di un’azione, di un fare documentato. In un certo senso vedo i lavori come stampe o tracce di una performance. In sostanza questi quadri sono spazi sui quali proiettare le performance dell’azione fisica e dunque un veicolo per trasferirlo dal luogo della costruzione - il mare - allo spazio espositivo, al pubblico. I segni sulla tela, si riferiscono direttamente a una serie di gesti compiuti durante un tempo limitato trascorso in uno specifico luogo e in un certo senso queste tele consentono di rendere visibili delle performance invisibili. La performance suggerisce un evento in un tempo e in un luogo specifico – la performance nella sua più libera interpretazione è il link tra le tecniche che utilizzo: video, scultura e pittura.

NF: Quali caratteristiche della tua ricerca vengono evidenziate attraverso i lavori presentati in occasione di A Painting Cycle?
JW: La performance. L’adattamento allo spazio o all’architettura. Contrazione vs distensione. Pigmento vs colore. Gesto, incidente o il suo contrario.


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