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Is this a painting? A Virtual Reality Group Show

23 marzo 2020

a cura di Raffaella Frascarelli

23 marzo - 31 dicembre 2020

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Il vivere cinematico e quantitativo della specie umana rallenta per interrogarsi sulla dinamica e qualità del proprio agire, sulle cause di tanto moto che, improvvisamente e inaspettatamente, è costretto da una forza invisibile a fermarsi fino all’immobilità. Nei giorni della stasi obbligata che proibisce contatti corporei, interpersonali, fisici, la second life virtuale e globale si sostituisce a quella reale con implicazioni emotive, socioculturali, politiche, economiche, storiche delle quali è arduo prevedere gli effetti.

A partire dalla storica domanda Is this a painting? di Jackson Pollock, il pubblico è invitato a riflettere sulla relazione tra arte e tecnologia, chiedendosi se interfacce ed esperienze virtuali, percorsi 3D, VR e AR, simulazioni, artifici immersivi e interattivi siano in grado di sostituire l’esperienza in presenza dell’arte. Così dinanzi all’opera d’arte installata in uno spazio non-fisico e virtuale, la percezione sensoriale è chiamata all’approfondimento, alla ricerca, alla problematizzazione culturale, non soltanto di ciò che vediamo, ma soprattutto dell’uso personale e collettivo della tecnologia, dei suoi contenuti, delle sue potenzialità, dei suoi limiti. Emancipate da qualsiasi tematizzazione spaziale, le identità di pittura, fotografia, video, scultura si confondono tra loro e impongono irrinunciabili dubbi, gli stessi che i maestri del sospetto sollevano all’interno della modernità, come ricordano le lacrime di Marx in Natura morta (2004) di Nemanja Cvijanović e il viaggio del padre della psicanalisi in Freud Arrives in London as Refugees (2010) di Elisabetta Benassi.

Non restare in superficie è l’opzione suggerita da Contre-dèpouille (Undercut) (2012) di Etienne Chambaud. Come il materialismo, la materia può celare altre condizioni, altri rapporti, altri bisogni non materiali che richiedono la determinazione a comprendere. Il giorno in Full Moon@Sesshu di Darren Almond, l’astratto Untitled (2012) di Dan Rees, l’iperrealismo di Oliver Osborn in Rubber Plant (2012), Untitled (Paper Fold) (1973) di Sol Lewitt, la luna in Moonlighting (2000) di Ugo Rondinone si ammantano non di una, ma di molteplici manifestazioni. Guardare oltre l’apparenza, decostruire le gerarchie come indica la vestizione barocca di Untitled (2019) di Emiliano Maggi che rivela strategie di genere altre, o Il turco lussorioso (Sipario) (2012) di Patrizio di Massimo che ritrae in termini postcoloniali l’occidente sedotto dalla stessa preda che cerca di dominare.

Nell’autoritratto dell’artista la possibilità di esplorare e manipolare il medium, una geometria di luce nell’Autoritratto come tramonto triangolare di Francesco Gennari. In Pro-Krik (UFO)(1983) Julius Koller mima l’urlo di Munch, un ufonauta che rifiuta l’estetica per creare “una nuova situazione culturale, nuova vita, una nuova creatività e una nuova Cosmohumanist Culture”. L’identità dell’artista può scomparire per essere rimpiazzata dalla storia in Portrait with Khomeijni (2008) di Francesco Arena, celarsi dietro l’improbabile figura di Cloak and Dagger (2011) di Peter Linde Busk, riflettersi nell’immagine iconica di un compagno raffigurato nella postura classica dello spinario in Anders pulling splinters from his foot (2004) di Wolfgang Tillmans. Oltre l’autoritratto, in Portrait of Stefano and Raffaella Sciarretta (2019) di Matteo Fato, se l’artista s’interroga sull’immagine come somiglianza in termini Deleuziani, il soggetto ritratto s’interroga sulla (propria) natura post-identitaria, nomadica, poliglotta nell’accezione che Rosi Braidotti delinea nel suo “Nuovi soggetti nomadi”.

All’epoca di internet, l’arte al centro della questione Benjiaminiana si è caricata di un’anima virtuale in grado di autoclonarsi e reclamare la propria corporeità come per Inkjet Painting 29#, (2014) di Parker Ito. La cera di Roma (2014) di Alessandro Piangiamore raccoglie e fonde ciò che resta del mito spirituale della città eterna. In Italia, quale grammatica separa l’artista dal pensatore? L’effigie del cinema opulento di Federico Fellini è soltanto un drappo di seta in Untitled (2009) di Else Leirvik, ma il volto intenso di Pasolini (2005) di Pietro Capogrosso ricorda l’impegno fino al sacrificio richiesto all’intellettuale affinché il pensiero acquisisca valore.
Muta (2017) di Giuliana Rosso restituisce l’ironia di non poter distinguere tra oggettivo e soggettivo: quale direzione dell’Eufrate quella che Thomas Braida ritrae in Sulla strada per Damasco (2014)? L’empatia tra soggetto e oggetto riserva un’immagine inedita del mondo: Carte 31 (2020) di Francesca Leone offre quella condizione ex-centrica che Michel Maffesoli suggerisce essere una risorsa per esplorare “une phénoménologie complexe qui sache intégrer la participation, la description, les récits de vie et les diverses manifestations des imaginaires collectifs”.

La storia e le narrazioni che Paul Ricoeur nel suo Tempo e racconto ci indica come lo spazio per trasformare il tempo passato, presente, futuro sono per Ian Tweedy Arrangements of Forgotten Stories #8 (2011). La modernità e/o post-modernità è/sono il fantasma che Gianni Politi raffigura in Brunch in Venice with M.K. (2012), ritratto impossibile del volto paterno che evoca il fardello dell’ordine simbolico patriarcale, il potere e l’egemonia: in Untitled (2014) distruggere hic et nunc la propria opera per rigenerarla evoca invece il sublime presente di Barnett Newmann. In Tanti auguri Nomas Foundation (2018), Gabriele De Santis indica che l’arte non è un’esperienza esclusiva, ma inclusiva. Con il suo Constellation Painting #6 (2011), Piero Golia rielabora questa possibilità fino all’esasperato gesto di raccogliere dentro l’opera i frammenti dell’imprevedibile irruzione di un taxi dentro la propria abitazione.

Is this a painting? intende suggerire una posizione epistemica da adottare per scoprire le storie che ciascuna di queste opere raccoglie, una mappa per generare domande, critica, autocritica a partire dalle coordinate estetiche degli artisti.

Il virus che sta impendendo quella libertà goduta e immaginata come una verità assiomatica da tutti, sta anche fermando il capitalismo neoliberista e tecno-nichilista globale. Per gli Hiaitsiihi della Untitled (Pirahã), 2016-19 di Julien Bismuth la relazione con il mondo non è estrattiva, ma osmotica, in ascolto. Il post-umanesimo di Donna Haraway è un’epifania che possiamo ignorare o un viaggio per scoprire ciò che ancora non conosciamo del mondo e di noi stessi. Per i nativi americani Lenape che nel 17° secolo vivevano nella terra che un giorno diverrà Manhattan, la New Amsterdam, 2001 di Eric Wesley, l’instabilità provocata dalla diseguaglianza economica è semplicemente inammissibile. Eppure, lo ius e la lex che Abramo Lincoln immagina uguali per tutti nulla potranno nello storico Johnson v. McIntosh.

Dinanzi alle proprie scelte, la libertĂ  del soggetto deve guardare dentro il tempo presente e cercare in profonditĂ  per comprendere algoritmo, realtĂ , desiderio, limite, solidarietĂ , responsabilitĂ .
Invece, la libertà della comunità politica ed economico-finanziaria globale può continuare sulla scia del capitalismo. Oppure, realizzare il sogno di abbondanza per tutti che la modernità ha sempre promesso.

 

Vi invitiamo a unirvi a Nomas Foundation nel sostegno all'ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma. Di seguito il link dove effettuare la donazione: Raccolta fondi per la ricerca sul COVID-19


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